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sabato 13 febbraio 2016

I licantropi esistono. Eccoli

Storie di licantropi veri: i licantropi in Italia e nel mondo. A volte malati, a volte assassini

Sono mortali come tutti, ma molto più feroci di quelli leggendari. Non a caso, nonostante non si siano mai trasformati in pipistrelli, continuano ad attirare lo studio degli scienziati. Ma non sono gli unici personaggi leggendari a catturare l'attenzione degli esperti. L'interesse scientifico non è mai scemato nemmeno verso i lupi mannari, con cui i vampiri hanno diversi punti in comune.

I fantasmi esistono? Ecco la storia dei Ghostfinder

Arrivo a Pisogne che è già buio. Un buio pesto. L'Iseo è immobile e non tira un filo di vento. Guardo il paese deserto e mentre li aspetto penso a come doveva essere un tempo. Nel 1518, l'Inquisizione mandò al rogo otto ragazze accusate di essere streghe e amanti del diavolo. Le bruciarono vive in piazza, tra le urla di approvazione della gente, dopo averle torturate e costrette a confessare. Non che resistendo sarebbe cambiato qualcosa, ma tant'è. L'appuntamento con i cacciatori di spettri è sotto la Torre del Vescovo. «Cercatori, non cacciatori» precisa Francis Pianari, appena ci incontriamo. Mi aspetto fanatici di sedute spiritiche, gente che gira con libri medievali, al limite maghi in erba che giocano a fare i sensitivi. Trovo tutt'altro. Francis e sua moglie Sara Iacopi vivono qui da poco. Di giorno fanno lavori come tanti. Di sera invece, vestono i panni dei Ghost Finder. Girano per castelli, luoghi che leggenda vuole infestati, ditte in disuso, ma anche e soprattutto case private, allertati al telefono da gente impaurita, disperata, a volte semplicemente folle. Dicono che è passione, che evitano i medium e che in ballo non c'è manco un euro. Meglio così. «Registriamo anomalie. Ecco tutto», spiega Sara.

A CACCIA DI FANTASMI
Bionda, ventotto anni, da ragazza rimase colpita dai racconti del padre: le narrò come, da infante, nella vecchia casa di famiglia dell''800, lei si mettesse a far versi sorridendo al muro o a passare i suoi giocattoli al vuoto, come se lì vedesse qualcuno che nessun altro poteva guardare. «Chissà, forse è per questo che sono affascinata dal paranormale. O forse vorrei trovare una prova della vita dopo la morte. E comunque, ogni volta che andiamo a fare una ricerca, si vivono adrenalina e brividi. C'è chi risparmia per andare in ferie. Noi abbiamo risparmiato per comprare una torcia elettrica da due milioni di candele con un filtro infrarossi per la visione notturna. Con questa possiamo registrare al buio completo e riprendere fino a 300 metri». La stanza-laboratorio dei Ghost Finder è spartana. Dentro, principalmente, attrezzature elettriche. Tre pc a grande schermo per l'analisi di foto, video e suoni. Un tavolo dove svettano aggeggi a led e infrarossi. Si va a caccia di ectoplasmi così: registratori, puntatori, cam, sensori. Un tempo contro i fantasmi ci voleva l'esorcista. Oggi un ingegnere elettronico, se va bene. «Ma no, – fa Sara- ci pensa Francis».

mercoledì 10 febbraio 2016

Storie di veri vampiri, che non si trasformano in pipistrelli, ma fanno più paura


Malati di vampirismo, serial killer vampiri, gente che vive come Dracula. Vampiri italiani. E vampiri rimessi in libertà. Tutto vero, tutto autentico: cominciate a tremare...




IL BEVITORE DI SANGUE TURCO- Lo studio scientifico fu pubblicato qualche anno fa su Psychoterapy and Psycosomatics. Autore: Vedat Sar, medico del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Istanbul. Tema: un ragazzo vampiro. Certo, sia chiaro, non un tizio che si trasforma in pipistrello o che è condannato alla “non morte” eterna. Ma si tratta comunque di un ragazzo di 23 anni costretto ad andare in clinica per la “dipendenza” da sangue umano, che beveva ormai da due anni. Una storia che inquieta non poco, se si pensa che il giovane aveva iniziato col proprio, raccolto in un bicchiere dopo essersi tagliato braccia e torace. Ma presto era passato al sangue altrui, finendo incriminato più volte per aver morso o ferito a coltellate diverse persone. Attaccando anche i parenti e costringendo il padre a procurargli liquidi alla banca del sangue. Il dottor Sar, nell’analizzare il caso, lo ha definito un caso di “disturbo post-traumatico da stress” dovuto ad un passato difficile, fatto di lavori saltuari, povertà, un’espulsione dall’esercito per comportamenti poco ortodossi e dai flashback continui della morte della figlia di quattro mesi, dello zio che gli avevano ucciso e spirato tra le sue braccia, e di un delitto commesso da un amico, cui aveva assistito. Era nato così il “piacere” per il sangue, e dall’idea di vedere spesso un immaginario bambino di sei anni che lo incitava alla violenza. Un ricovero non è bastato, ne sono serviti due per altrettanti di cure, almeno per disintossicarlo dalla “sete di sangue”. Nello studio il medico riferisce che casi analoghi sono noti in psichiatria fin dagli anni ’60, anche se spesso si tratta di soggetti schizofrenici. Casi di cui si sa poco, anche se talvolta, affiorano dalla cronaca.